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Il costo umano della sperimentazione animale

Evidenze scientifiche dimostrano che la sperimentazione animale è decisamente inadeguata per valutare gli effetti che un farmaco od un qualsiasi prodotto hanno sull’organismo umano e ciò rappresenta un elevato fattore di rischio per la salute e la sicurezza sia degli uomini che degli animali. Di KATRINA FOX

Immagini di gatti con elettrodi fissati alla testa o di scimmie con il cervello esposto, legate con cinghie alle sedie, i loro occhi colmi di terrore e sofferenza, sono sufficienti a sconvolgere momentaneamente persino la persona più spietata. Ma la maggior parte di noi allontana queste immagini dalla propria mente ed accetta la situazione in quanto ci viene detto dal Governo e dall’establishment sanitario che questo genere di esperimenti vengono condotti per il nostro stesso benessere. Essi insistono che senza queste procedure non si otterranno mai cure per malattie largamente diffuse e che coloro che si oppongono alla sperimentazione animale altro non sono che estremisti desiderosi di ritardare il "progresso".

Tuttavia, malgrado la presunta severità dei test animali eseguiti sui farmaci giudicati poi non pericolosi per il consumo umano e distribuiti quindi sul mercato, due milioni di Americani si ammalano gravemente ogni anno mentre circa 100.000 persone muoiono a causa degli effetti collaterali dei medicinali che erano stati loro prescritti. [1] Queste cifre superano il numero globale di decessi legati al consumo di droghe illegali, comportando annualmente una spesa pubblica sanitaria di più di 136 bilioni di dollari. [2] In Inghilterra si stima che ogni anno sopravvengano 70.000 tra decessi e casi di grave disabilità a causa di reazioni negative ai farmaci prescritti, divenendo così la terza causa di morte (dopo gli attacchi di cuore e i colpi apoplettici). [3]

La società farmaceutica Ciba-Geigy ha stimato che attualmente solo il cinque per cento dei prodotti chimici risultati, a seguito della sperimentazione animale, innocui ed efficaci, vengono distribuiti sul mercato in qualità di medicinali da vendersi dietro ricetta medica. [4] Perfino in queste condizioni, tra il 1976 e il 1985 la "Food and Drug Administration" (FDA) americana approvò 209 nuovi composti – 102 dei quali furono poi ritirati o rinominati a causa del manifestarsi di gravi ed inaspettati effetti collaterali tra i quali attacchi cardiaci, insufficienze renali, deficienze epatiche e colpi apoplettici. [5]

Il movimento per i diritti degli animali ha per anni esercitato pressioni contro la sperimentazione animale sulla base di motivazioni morali ed etiche ma l’evidenza scientifica a sfavore della vivisezione è decisamente più schiacciante. I ricercatori che mettono in gioco la loro carriera ammettendo pubblicamente che i modelli animali sono inadeguati per valutare l’effetto farmacologico sull’organismo umano vengono spinti o costretti al silenzio da una realtà industriale del valore di bilioni di dollari.

Due di questi ricercatori sono il dott. Ray Greek, un anestesista americano, e sua moglie, Jean Swingle Greek, una dermatologa veterinaria. Entrambi sono stati vivisettori ed hanno quindi avuto modo di studiare su testi medici e scientifici di difficile comprensione ed in gran parte non disponibili al pubblico. Utilizzando i dati in possesso dell’industria, nel loro nuovo libro, "Sacred Cows and Golden Geese: The Human Cost of Animal Experimentation" [Vacche sacre e oche dalle uova d’oro: il costo umano della sperimentazione animale], hanno svelato quanto si sia tenuti all’oscuro dei pericoli che corre la nostra salute a causa della sperimentazione animale.

Perchè i modelli animali non sono predittivi

Sebbene, di base, ratti, cani, maiali ed esseri umani siano fondamentalmente simili, a ben vedere vi sono tra gli stessi delle differenze. Ma sono precisamente queste differenze ad assumere un peso rilevante quando si tratta di assimilare dei farmaci. I ratti, la specie più comunemente usata nella vivisezione, ad esempio, non possiedono la cistifellea ed eliminano la bile in maniera molto efficace. "Molti medicinali vengono eliminati attraverso la bile, e questo va ad interessare il tempo di assimilazione del farmaco", spiegano Ray e Jean Greek. "I farmaci si legano al plasma dei ratti molto meno efficacemente. I ratti inoltre respirano sempre con il naso e, poiché alcune sostanze chimiche vengono assorbite proprio a livello del naso, alcune di esse vengono filtrate. In questo modo è diverso il mix di sostanze che penetra nell’organismo dei ratti. Oltre a ciò, sono anche animali notturni, la loro flora intestinale non ha la medesima collocazione di quella umana ed anche la loro pelle presenta differenti proprietà assorbenti. Ogni singola differenza tra queste va a modificare la metabolizzazione del farmaco."

Queste sono tutte differenze grossolane mentre i medicamenti agiscono ad un livello microscopico, promuovendo od interrompendo reazioni chimiche troppo piccole per essere osservate dall’occhio umano. "Siamo diversi a livello cellulare e molecolare e, cosa davvero importante, è proprio lì che si sviluppano le malattie," spiegano gli autori. "Le cellule degli scimpanzè sono molto simili a quelle umane, ma molto diversa è l’organizzazione spaziale delle stesse."

Perfino i sostenitori del modello animale ammettono, tra colleghi, la sua imprevedibilità. Queste le parole del dott. Ralph Heywood, direttore dell’Huntingdon Research Center (Centro Ricerche) negli Stati Uniti: "Nella migliore delle ipotesi, la probabilità che vi sia una correlazione tra gli effetti collaterali riscontrati nell’uomo e negli animali si attesta tra il cinque ed il 25 per cento." [6]

Il dott. Herbert Hensel, direttore dell’Istituto di Fisiologia dell’Università di Marburg, si spinge oltre: "È opinione dei più noti biostatistici che non sia possibile riferire all’uomo quanto invece previsto per gli animali. Al momento quindi non vi è nessuna possibilità di formulare ipotesi previsionali su base scientifica. In quest’ottica, la situazione è ancora meno favorevole che in un qualunque gioco d’azzardo." [7]

Persino i libri di testo più comunemente stimati in tema di vivisezione affermano: "Affidarsi in maniera acritica ai risultati ottenuti dalla sperimentazione animale può risultare pericolosamente ingannevole e comportare il costo della salute e della vita di decine di migliaia di esseri umani." [8]

L’esempio più noto di quanto fin qui affermato è quello del Talidomide. Le donne in stato interessante che assunsero questo medicinale per contrastare le nausee mattutine diedero alla luce bambini affetti da terribili deformità, soprattutto con gli arti sottosviluppati. I test condotti sugli animali non avevano previsto nulla di tutto ciò. Il primo caso riscontrato di effetto collaterale risale al giorno di Natale del 1956 ma nel 1957 fu comunque autorizzata la distribuzione del medicinale. [9]

Pericolo per il genere umano

Quanto segue è stato tratto dal libro dei dottori Ray e Jean Greek. Sono esempi di sostanze farmacologiche giudicate, in seguito ad una vasta sperimentazione animale, non tossiche per l’uomo a seguito di un’ampia sperimentazione animale ma che si sono poi rivelate causa di seri effetti collaterali.

Amrinone: medicinale utilizzato nei casi di insufficienza cardiaca congestizia, condusse il 20 % dei pazienti a sviluppare la trombocitopenia (insufficienza di cellule ematiche necessarie per la coagulazione) malgrado il programma di sperimentazione animale di vasta portata condotto su topi, ratti, criceti, cavie, cani e scimmie reso (macachi). Alcuni tra questi pazienti trovarono la morte.

Pillola contraccettiva: nota per essere causa della formazione, in alcune donne, di coaguli anche mortali nel sangue, gli scienziati non sono ancora stati capaci di riprodurre questa scoperta negli animali. Infatti i test condotti sui cani indicavano che la pillola avrebbe abbassato la probabilità che si formassero dei coaguli.

Cloramfenicolo: questo antibiotico causò negli uomini una forma di anemia che può risultare letale. Il Cloramfenicolo è l’esempio di un farmaco i cui effetti variano sensibilmente da una specie all’altra: è adatto per i cani ma letale per i gatti, le mucche lo sopportano contrariamente ai cavalli. È talmente tossico per i soggetti umani particolarmente sensibili che per legge è stato proibito il suo utilizzo sugli animali destinati all’alimentazione. La minuscola quantità contenuta in un hamburger fatto con carne di bovino precedentemente sottoposto a trattamenti con questo farmaco potrebbe, una volta ingerita, causare la morte in tali soggetti a rischio se non sottoposti a trapianto di midollo osseo.

Cliochinolo: questo antidiarroico superò tutti i test effettuati su ratti, gatti, cani e conigli. Fu ritirato dal mercato mondiale nel 1982 dopo che fu riconosciuto quale causa di cecità e paralisi negli esseri umani.

Dietilstilbestrolo: questo estrogeno di sintesi fu ideato per contrastare le minacce d’aborto ma il suo effetto fu esattamente contrario in quanto aumentava la percentuale di aborti spontanei, di parti prematuri e di decessi neonatali. Non venne fatta alcuna sperimentazione "umana" ma tutti i dati a favore derivavano dagli animali.

Eraldin: questo farmaco per il cuore fu ritirato nel 1975 dopo aver causato seri effetti collaterali in un numero di vittime stimato attorno alle 7000, 23 delle quali morirono. Preventivamente era stato testato su topi, ratti, cani e scimmie e, nel momento in cui fu commercializzato, risultò "particolarmente degno di nota per l’accuratezza con la quale la sua tossicità era stata studiata negli animali, con piena soddisfazione della autorità preposte". [10]. Anche molto tempo dopo il ritiro del farmaco dal mercato gli scienziati non riuscirono a riprodurre tali risultati negli animali.

Floxin: l’antibiotico venne sviluppato attraverso la sperimentazioni animale solo per causare poi negli esseri umani convulsioni e psicosi.

Isuprel: medicinale utilizzato per il trattamento dell’asma, se somministrato secondo le dosi consigliate in seguito agli studi sugli animali, risulta altamente tossico per l’organismo umano. Nella sola Gran Bretagna il suo utilizzo provocò la morte di 3500 malati d’asma.

Manoplax: questo farmaco per il cuore, testato su ratti, topi, conigli, gatti e cavie, fu poi ritirato dal mercato mondiale nel 1933 dopo che gli studi condotti sui pazienti avevano rilevato che chi assumeva il medicinale presentava maggiori rischi di ospedalizzazione e/o morte.

Metisergide: utilizzato nel trattamento della cefalea comporta gravi danni al cuore, ai reni ed ai vasi sanguigni posti nell’addome. Tuttavia gli studiosi non sono stati in grado di riprodurre questi effetti negli animali.

Opren: utilizzato nel trattamento dei reumatismi e delle artriti, causò la morte di 61 persone ed oltre 3500 casi di reazioni non desiderate. Ritirato dal mercato nel 1982, il farmaco era stato testato sulle scimmie ed altri animali per nove anni senza presentare alcun effetto collaterale.

Fenilpropanolamina (PPA): comunemente impiegata nei farmaci sintomatici per l’influenza e anti-raffreddore, negli Stati Uniti fu rimossa dalla categoria dei farmaci dalla FDA dopo che fu reputata causa , in un anno, di 200-500 ictus emorragici in giovani donne.

Primacor: questo medicinale, somministrato in gravi casi di insufficienza cardiaca, ha ottimi effetti nei ratti ma negli umani aumenta il rischio di decesso del 30%.

Ritodrine: questo farmaco, prescritto per ritardare i parti prematuri, induce la formazione di edemi polmonari (liquido nei polmoni con conseguenti difficoltà respiratorie e possibile causa di morte).

Suprofen: antiartritico, fu ritirato dal mercato dopo che i pazienti rivelarono sintomi di avvelenamento epatico. Prima della sua distribuzione, i ricercatori dissero queste parole in merito alla sperimentazione animale: "… eccellente profilo per ciò che riguarda la sicurezza. In nessuna delle specie testate dà effetti collaterali a livello cardiaco, renale o del sistema nervoso centrale." [11]

Tamoxifene: utilizzato nel trattamento e nella prevenzione del tumore al seno causò tumori al fegato nei ratti ma non nei topi o nei criceti. [12] Il medicinale si dimostrò innocuo per lo sviluppo del feto nei conigli e nelle scimmie mentre causava anomalie ossee nei feti dei ratti. [13] Uno dei possibili effetti collaterali è il manifestarsi di nausea e vomito ma non fu assolutamente previsto mediante la sperimentazione animale, sebbene anche alti dosaggi furono testati nei cani - la specie considerata più simile all’uomo per quanto riguarda il vomito. [14] Il farmaco fu altresì correlato alla formazione di tumori all’utero, coaguli del sangue, perdita di memoria, amenorrea e danni alla vista, come ad esempio la cataratta. [15 ]

Zomax: antiartritico, fu responsabile della morte di 14 persone e causò sofferenze in molti altri.

Discutibile precisione dei test di tossicità

Una delle ragioni per le quali così tanti farmaci causano effetti collaterali nell’uomo – reazioni assolutamente non previste per mezzo della sperimentazione animale- è legata alla scarsa precisione con cui vengono condotti i test di tossicità. Il più noto tra questi test è il cosiddetto LD50 Draize test ("LD50" sta per "Dose Letale 50 per cento"), nel quale gli animali – per lo più cani e ratti - vengono costretti a subire iniezioni, ad ingerire od inalare il farmaco fino alla morte del 50 per cento della popolazione sottoposta al trattamento. Tale dosaggio "limite" viene designato come LD50. L’inattendibilità della procedura risulta ovvia se consideriamo l’enorme numero di variabili in gioco, come ad esempio l’età, il peso od il sesso degli animali, per non menzionare le condizioni ambientali alle quali la prova ha avuto luogo. Se queste variabili rendono assolutamente non significativi i risultati ottenuti perfino per la specie testata, figuriamoci poi per gli esseri umani!

La procedura LD50 fu parte, a livello mondiale, di quasi tutti le regolamentate linee guida per la valutazione della non tossicità dei prodotti chimici fino a 10 anni fa. Oggi negli Stati Uniti tale tipologia di prova viene comunemente condotta poiché i risultati dell’LD50 continuano ad essere accettati, sebbene la FDA già da parecchio tempo non richieda più che tali test vengano necessariamente eseguiti accettando anche metodi alternativi in vitro o comunque non basati sulla sperimentazione animale.

Nel novembre 2000, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD), formata da 29 Nazioni, convenne sull’opportunità di abolire il protocollo LD50 e di rimuoverlo gradualmente a partire dal 2001.[16] Purtroppo i metodi alternativi che prenderanno il suo posto non sono altro che una mero perfezionamento dell’originale: continuano a prevedere l’uso di animali e rimangono perciò indicatori assolutamente inaffidabili per la salute umana.

Negli Stati Uniti, l’Agenzia per la Tutela dell’Ambiente (EPA) sta sviluppando un protocollo sperimentale per testare i prodotti chimici, il Voluntary Children’s Health Chemical Testing Program, che prevede un ampio utilizzo della sperimentazione animale per determinare la quantità limite di prodotti tossici alla quale i bambini possono essere esposti.

Ciò che non va bene per gli animali può invece essere adatto all'uomo

Così come i test sugli animali permettono la distribuzione di farmaci pericolosi sul mercato, il retro della medaglia è che la salute umana viene a perderci anche quando viene proibita la diffusione di medicinali che potrebbero essere vantaggiosi per gli esseri umani. La maggior parte dei farmaci presentano sì degli effetti collaterali, alcuni più pericolosi di altri, ma molti medicinali davvero utili per salvare delle vite umane non avrebbero mai raggiunto lo stadio della sperimentazione clinica se fossero prima stati testati sugli animali.

Pensiamo solo di dare un’occhiata al nostro armadietto dei medicinali. Oggi come oggi, ogni anno negli Stati Uniti vengono venduti circa 29 bilioni di aspirine ed il loro numero raddoppia se consideriamo le vendite a livello mondiale, nonostante l’aspirina causi difetti neonatali nei topi e nei ratti e comporti nei gatti tali variazioni nella composizione del sangue che a tali animali può venir somministrato ogni tre giorni soltanto il 20 per cento del dosaggio consigliato per gli esseri umani. [20] Un altro antidolorifico, l’ibuprofene, causa insufficienza epatica nei cani perfino a bassi dosaggi.

Anche altri medicinali, attualmente prescritti dietro ricetta medica, erano inizialmente stati resi indisponibili alla gente perché la sperimentazione animale aveva previsto degli effetti collaterali che poi non si sono riscontrati sugli esseri umani. Tali farmaci comprendono:

Corticosteroidi: provocano il cancro in alcune specie di roditori malgrado siano utilizzati da anni e con successo negli esseri umani.

Depo-Provera: nel 1973 negli Stati Uniti fu proibita la distribuzione di questo contraccettivo poiché risultò cancerogeno sia nei cani che nei babbuini.

FK506: questo farmaco anti-rigetto fu quasi accantonato prima di procedere con la sperimentazione clinica. Infatti, dopo averlo sperimentato sui cani, i ricercatori avevano riscontrato effetti collaterali di una tale tossicità da dissuadere il prosieguo con la sperimentazione clinica.

Furosemide: diuretico, provocava patologie epatiche nei topi, nei ratti e nei criceti ma non negli esseri umani. Oggi è diffusamente prescritto nel trattamento dell’ipertensione e dell’insufficienza cardiaca.

Isoniazide: farmaco antitubercolare di uso comune, provoca il cancro negli animali.

Penicillina: la distribuzione della penicillina fu rinviata quando il suo scopritore, Alexander Fleming, la accantonò perché non efficace nei conigli. Questo avveniva perché i conigli espellono la penicillina attraverso l’urina. Soltanto nel momento in cui Fleming si ritrovò con un paziente malato e nessun’altra cura, gli somministrò la penicillina – con eccellenti risultati!

Prilosec: la vendita di questo medicinale per le patologie gastrointestinali fu rimandata di 12 anni a causa di effetti collaterali manifestatisi negli animali ma non negli esseri umani.

Streptomicina: questo antibiotico molto popolare causava difetti neonatali, come ad esempio deformazioni agli arti, nella prole dei ratti.

La guerra al cancro

Secondo l’opinione dei dott. Ray e Jean Swingle Greek, verrà diagnosticato un tumore, nel corso della vita, al 40 per cento della popolazione mondiale. È una di quelle malattie con la quale la maggior parte di noi sono venuti in contatto, vuoi personalmente o attraverso amici o familiari. Ma, nonostante vengano versati bilioni di dollari per sostenere la "ricerca contro il cancro", il sistema sanitario non sta affatto vincendo la sua guerra contro i tumori. Il numero di decessi ad esso correlati è in continuo aumento: negli Stati Uniti, per fare un esempio, sono saliti del 6,3 per cento dal 1973 al 1992.

I coniugi Greek rivelano, nel loro libro, che a dispetto delle migliaia di farmaci fatti ingerire, spalmati od iniettati in centinaia di milioni di animali, non sono stati fatti passi avanti nello salvare delle vite. Essi asseriscono che "in molti casi [la sperimentazione animale] ha, a dire il vero, portato alla perdita di ulteriori vite ed all’introduzione di nuovi pericoli".

Ci sono più di 200 diverse forme di tumore negli esseri umani. Alcune di esse hanno il corrispettivo negli animali, sebbene queste si diversifichino molto da quelle umane in termini di causa, effetto, trattamento e prognosi. Un istiocitoma conduce alla morte negli uomini mentre è benigno nei cani ed allo stesso modo tutti i tumori presentano conseguenze legate alla specie.

Gli autori spiegano come, ironicamente, negli anni ’50 gli agenti cancerogeni conosciuti erano solo quelli scoperti attraverso studi epidemiologici sull’uomo. "Uno studio condotto sui lavoratori impiegati nel settore delle tinture evidenziò un’incidenza particolarmente elevata di tumori alla vescica", scrivono ancora gli autori, "ma anche sottoponendo un altissimo numero di animali da laboratorio alle condizioni presenti nell’ambiente della tinteggiatura non vi fu modo di provare la correlazione". Si scoprì che il cromo è cancerogeno per l’uomo ma non per gli animali. Anche il legame tra radiazioni e tumori emerse da studi clinici più o meno nello stesso periodo. Nel 1956 i medici britannici misero in guardia dagli effetti cancerogeni dei raggi X a cui venivano sottoposte le donne durante la gravidanza e che poi si riflettevano nell’insorgenza di tumori infantili. Tuttavia l’irraggiamento di un elevato numero di quadrupedi gravidi non produsse necessariamente lo stesso effetto.

"In questi casi, così come in molti altri, l’incapacità di valutare la cancerogenicità in base alla sperimentazione animale ha portato a mantenere perfettamente legali, per lungo tempo, numerosi agenti cancerogeni."

L’amianto è un altro di questi esempi. Il legame tra tumori e amianto divenne noto già nel 1970 ma, in seguito all’incapacità degli scienziati di riprodurre l’insorgenza della malattia negli animali, ci vollero altri 30 anni prima che la prova derivante dal modello umano divenisse irrefutabile.

Ray e Jean Greek fanno notare che, tra il 1970 ed il 1985, i ricercatori sottoposero dai 300 ai 400 milioni di animali a più di mezzo milione di composti per cercare in questi degli effetti antitumorali. Sulla base di tale sperimentazione animale, soltanto per 80 di questi composti si proseguì con la sperimentazione clinica. Di questi, appena 24 mostrano di possedere un’azione antitumorale negli esseri umani e, tra questi, 12 assunsero un ruolo fondamentale in chemioterapia. Ma tutti questi 12 composti altro non erano che varianti chimiche di agenti chemio-terapici già precedentemente noti. Il fatto che questi prodotti chimici potessero essere usati nella lotta contro il cancro era già stato previsto in base alla loro struttura chimica. [21] In altre parole, per 15 anni bilioni di dollari di investimenti monetari sono stati buttati per sottoporre milioni di animali, prima di essere uccisi, alle procedure più dolorose, barbare e crudeli e tutto questo per non riuscire a dimostrare un bel niente!

Perfino l’Istituto Nazionale Statunitense contro il Cancro (US National Cancer Institute – NCI) ha ammesso i suoi fallimenti. Nel Los Angeles Times del 6 maggio 1998, furono riporatte le seguenti parole del dott. Richard Klausner, direttore dell’NCI: "La storia della ricerca contro il cancro non è altro che la storia della cura del cancro nei topi. Per decenni abbiamo curato topi malati di tumore ma le medesime cure semplicemente non hanno alcun effetto sugli uomini."

Nel corso degli anni ‘90 negli Stati Uniti gli scienziati saltarono fuori con l’idea di utilizzare ratti modificati geneticamente per accogliere i tumori tipici dell’uomo. Ma nel 63 per cento dei casi, in base a quanto scrivono i Greek, i tumori umani provocati nei ratti non rispondevano alla chemioterapia già comunemente utilizzata con successo sugli esseri umani, poiché il decorso e lo sviluppo della malattia differiva di molto tra uomini e animali. Nasce allora spontanea la domanda: quanti medicinali con una reale ed efficace azione anticancro per gli esseri umani sono stati trascurati in quanto di nessuna utilità sui topi o sui ratti? Stando ai Greek, gli agenti chemioterapici impiegati con successo sugli esseri umani derivano tutti da mezzi di ricerca che non fanno uso di animali.

La prossima volta che uno di noi sarà tentato di mettere dei soldi in una scatoletta agitata sotto il nostro naso da un’istituzione benefica per la ricerca contro il cancro che utilizza i fondi ricevuti per la ricerca basata sulla sperimentazione animale, faremmo bene a ricordare le parole del dott. Irwin Bross, precedentemente facente parte del Roswell Park Memorial Instiute fo Cancer Research, che così testimoniava davanti al Congresso degli Stati Uniti nel 1981: "Mentre i risultati contraddittori ottenuti dalla sperimentazione animale hanno spesso ritardato ed ostacolato i progressi nella lotta contro il cancro, al contempo essi non hanno mai portato alcun sostanziale passo avanti né nella prevenzione né nel trattamento dei tumori umani."

Perchè la ricerca basata sulla sperimentazione animale continua nonostante l’evidenza

Se perfino i sostenitori della lobby vivisezionistica ammettono che gli studi condotti sugli animali mancano di accuratezza e che forniscono pochi dati attendibili se riferiti all’uomo, perché mai si continuano ad impiegare queste metodologie?

"Ci sono, infatti" congetturava il dott. Werner Hartinger, un chirurgo tedesco, nel 1989 "solo due categorie di medici e scienziati che non si oppongono alla vivisezione: quelli che non ne sanno abbastanza e quelli che ne traggono guadagno."

È quest’ultima, secondo Ray e Jean Greek, la ragione principale: "Gli scienziati sono come tutti gli altri, materialisti ed opportunisti. Anche loro lottano per sopravvivere e primeggiare in un mondo altamente competitivo."

Il dott. Irwin Bross è concorde. Nel 1986 furono citate ne "la ricerca contro il cancro sugli animali" (Cancer Research on Animals) queste sue parole: "[Gli scienziati] possono sostenere a gran voce che amano la verità, ma quando si tratta di scegliere tra la verità ed il denaro, amano molto di più i soldi." Per ottenere sovvenzioni per la ricerca e mantenere il tuo impiego, devi sfornare pubblicazioni con la massima regolarità. E il metodo più veloce e più semplice per venir pubblicati è la sperimentazione animale.

"La sperimentazione animale è ordinata", spiegano i Greek. " il bello dei ratti è che puoi andare a casa venerdì sera e riposare certo di trovarli nelle loro gabbie lunedì mattina. D’altra parte , la ricerca clinica sugli umani può risultare complicata. I clinici non hanno alcun controllo sui pazienti che possono anche decidere di non tornare agli appuntamenti successivi. Gli umani possono anche mentire in merito alle loro abitudini di vita. Inoltre, puoi indurre delle scimmie a farsi di cocaina od eroina nel tuo laboratorio piacevolmente pulito. Se vuoi studiare gli effetti di tali droghe sull’uomo, potresti avere a che fare con delle persone potenzialmente sgradevoli."

Anche il tempo è un fattore essenziale. "Una generazione, per un ratto, si sviluppa in una settimana, non in decenni. Nel tempo che un clinico impiega a pubblicare un buon articolo, un vivisettore ne può pubblicare almeno cinque. Il metodo più facile per pubblicare consiste nel prendere un articolo già esistente e apportargli delle modifiche: la specie animale utilizzata, il dosaggio del farmaco, la metodologia di valutazione dei risultati od altro ancora." È il numero e non la qualità a rivestire particolare importanza per quanti desiderano far carriera in ambito scientifico.

Accettare la situazione e non cercare di smuovere le acque è a sua volta un fattore chiave. La pressione imposta a studenti e giovani laureati affinché abbiano pubblicazioni al loro attivo non dovrebbe essere sottovalutata. Tutto ciò ha condotto ad una proliferazione di pubblicazioni di carattere scientifico, spesso a cura di ricercatori vivisezionisti. Questo significa inevitabilmente che i vivisettori sono in grado di mettere in luce il loro lavoro mentre chi si schiera contro la sperimentazione animale non trova spazi in cui esternare le proprie opinioni, nonostante sia stata stimata, al giorno d’oggi, l’esistenza di 100.000 testate scientifiche in attività. Molti di questi giornali dipendono dalle entrate monetarie legate alla pubblicità di aziende farmaceutiche e di altre industrie di questo tipo, i cui prodotti vanno ad incrementare la sperimentazione animale.

I tradizionali mezzi di comunicazione di massa sono compatti nel voler mantenere il lavoro degli anti-vivisezionisti lontano dall’opinione pubblica. Nessun giornalista delle maggiori testate nazionali prese parte alla conferenza stampa per la presentazione del nuovo libro die coniugi Greek In Gran Bretagna, sebbene la scrittrice di romanzi Jilly Cooper fosse lì per promuoverlo. Reporter ed editori hanno presto capito che se desiderano rimanere aggrappati al loro lavoro e mantenere un flusso continuo di notizie sensazionali devono accontentare i loro contatti. La maggior parte di queste fonti scientifiche fa parte della lobby legata alla sperimentazione animale, la quale non vedrebbe troppo di buon occhio la prospettiva che la propria industria fosse tacciata di far soldi in modo fraudolento.

Tra parentesi, i soldi di cui si parla sono i vostri. Il governo degli Stati Uniti spende ogni anno per la ricerca sugli animali circa 10 bilioni di dollari dei contribuenti, stando a quanto dicono i Greek. Negli Stati Uniti il maggior fornitore di fondi per le istituzioni che si occupano di ricerca medica è l’Istituto Sanitario Nazionale (National Institutes of Health – NIH). Ma solamente un terzo delle ricerche sovvenzionate legate al NIH includono soggetti umani. [22]. Non è difficile capire perché gli studi condotti sugli animali sono la scelta preferita per ricercatori ambiziosi e con ipoteche da saldare!

Come se non bastasse, bisogna anche lottare con il dominio delle grandi imprese. L’industria che gravita attorno alla sperimentazione animale presenta un incasso lordo, a livello mondiale, stimato tra i 100 bilioni ed un trilione di dollari l’anno. Queste cifre comprendono anche l’impiego di centinaia di migliaia di persone, compresi quelli che producono e vendono giacche per immobilizzare gli animali, pompe per alimentarli forzatamente, aghi, gabbie, bisturi e l’attrezzatura necessaria ad uccidere gli animali in ben determinate maniere, senza poi menzionare la vendita degli animali stessi. Prendiamo come esempio i Cedar River Laboratories, specializzatesi nella vendita di gatti al prezzo di 225 dollari per animali con meno di 16 settimane di vita.

Anche le ditte farmaceutiche traggono vantaggio dall’industria. Secondo quanto riportato sul prospetto relativo al 1999, le vendite della Merck [N.d.T.: multinazionale farmaceutica] in quell’anno raggiunsero i 32.714 milioni di dollari. La sperimentazione animale è la strada più veloce per riuscire a piazzare un nuovo medicinale sul mercato. I ricercatori che ricevono sovvenzioni dalle compagnie farmaceutiche sono ben più propensi di prendere pubblicamente posizione a favore di un farmaco di quelli che non ricevono alcun sostegno finanziario. Il Giornale dell’Associazione Medica americana (Journal of the American Medical Association) riferisce che il 43 per cento di più di 2000 ricercatori intervistati nelle 50 università al top nella ricerca ammettono di aver ricevuto regali, anche in denaro, persino quando il donatore richiedeva un’approvazione preventiva dei risultati della ricerca in corso. [23]

Perfino le istituzioni benefiche non si svincolano dalla spirale del profitto. Molte di loro – e tra queste l’American Institute for Cancer Research, l’American Diabetes Association, l’American Heart Association e l’Imperial Cancer Research Fund e la British Heart Foundation (BHF) nel Regno Unito – sovvenzionano o conducono ricerche sugli animali. Su un totale delle entrate pari a 56 milioni di sterline nel 1998, la BHF spende 34,9 milioni di sterline nella ricerca e soltanto 5,1 milioni di sterline in programmi educativi. In una di queste prove, ai cani veniva aperto il petto ed il sangue fatto circolare prima all’esterno del corpo e poi nuovamente all’interno allo scopo di far variare velocemente la pressione sanguigna nei vasi del collo. Gli sperimentatori giunsero alla conclusione che se una persona chinata si alza di scatto potrebbe essere colta da capogiri e svenimento! [24]

Al contempo la sperimentazione animale rappresenta per le aziende farmaceutiche un’arma con la quale proteggersi nel caso in cui pazienti danneggiati dai loro prodotti dovessero far loro causa. In Europa la legislazione prevede che tutti i farmaci, prima di giungere allo stadio produttivo finale, debbano essere testati sugli animali sia per quanto riguarda la cancerogenicità che per la possibilità di indurre malformazioni fetali. Ma, come ci spiega Wendy Higgins, responsabile delle campagne dell’Unione Britannica per l’Abolizione della Vivisezione, tale pratica non è obbligatoria negli stadi intermedi di sviluppo di un farmaco, proprio nei quali viene però impiegato il maggior numero di animali.

Analoga è la situazione negli Stati Uniti. Secondo il dott. Ray Greek:: "La maggior parte delle ditte farmaceutiche conducono molte più prove sugli animali di quelle richieste per legge in modo da poter dichiarare in tribunale che effetti simili a quelli che hanno causato la morte della moglie del querelante non erano mai stati riscontrati. In via del tutto ufficiosa vi diranno che fanno affidamento sulla sperimentazione animale in quanto è un fattore di grande rilevanza per proteggersi da eventuali azioni legali." In altre occasioni le compagnie possono, con un voltafaccia, respingere la sperimentazione animale in quanto non indicativa per gli esseri umani. In entrambi i casi è estremamente difficile per le vittime riuscire a condurre un’azione legale contro queste ditte.

Alternative alla sperimentazione animale

I veri progressi derivano sempre da ricerche basate su modelli umani, sostengono Ray e Jean Greek. Ad esempio la morfina, potente antidolorifico, viene estratta dai papaveri. Il chinino, utilizzato nella cura della malaria, deriva dalla corteccia di china. L’aspirina, il medicinale più diffuso al mondo, fu prescritto per la prima volta già da Ippocrate sotto forma di corteccia di salice. Nessuno di questi farmaci deve nulla alla sperimentazione animale.

Studi clinici sui pazienti e le buone vecchie osservazioni, ora non più di moda, hanno condotto, con successo, al trattamento della leucemia infantile e dei disturbi della tiroide. Sono state così sviluppate anche le attuali terapie per l’HIV e l’AIDS, oltre ad un certo numero di farmaci per il cuore.

Gli studi in vitro od in provetta hanno rivoluzionato la ricerca medica. La tecnologia che consente di conservare le cellule ed i tessuti ha fatto così tanti passi avanti che molte tipologie diverse di cellule possono essere mantenute in vita quasi indefinitamente, dando risultati molto più precisi, in quanto lo studio delle diverse patologie viene condotto allo stesso livello microscopico al quale le medesime hanno luogo.

Altri campi di ricerca fondamentali sono quelli concernenti le autopsie e l’epidemiologia, nelle quali la moderna tecnologia permette di monitorare migliaia di pazienti in diverse istituzioni. Ray e Jean Greek rilevano che sono stati gli studi epidemiologici a permettere la scoperta del legame esistente tra carenza di acido folico e spina bifida. Gli studi epidemiologici hanno anche messo in luce i rapporto di causa/effetto tra fumo e tumore, tumore e dieta, disfunzionalità cardiache e colesterolo, polvere di carbone e patologia del polmone nero o antracosi, fumo e problemi cardiaci, oltre a molte altre patologie. È stata sempre l’epidemiologia a provare il legame tra fumo e patologie polmonari nonostante le industria del tabacco sostenessero per anni, in base ai risultati forniti dai modelli animali, che non vi era alcun rapporto tra i due. Gli sperimentatori hanno tentato invano per più di mezzo secolo di provocare per mezzo del fumo del tabacco il cancro negli animali. Da ciò ne conseguiva il ragionamento che fino a che gli animali non erano affetti da tumore a causa del tabacco non vi erano prove che esso causasse il cancro. Negli anni ’50 e ’60, le multinazionali del tabacco arrivarono persino a pagare dei medici affinché pubblicizzassero le sigarette!

Per quanto riguarda il tumore al seno, molto si è beneficiato del modello matematico che consente di simulare al computer alcune parti del corpo umano. Quest’ambito di ricerca è relativamente nuovo, nel senso di ricerca assistita dal calcolatore, in quanto le molecole possono essere studiate sullo schermo utilizzando la modellizzazione grafica che simula la struttura corporea.

Il Dr Hadwen Trust è un fondo, con sede nel Regno Unito, istituito per proporre tecniche alternative per la ricerca. Esso sostiene lo sviluppo di una nuova tecnica di analisi del cervello per studiare le capacità visive, che andrebbe a sostituire la necessità di ricorrere ad esperimenti invasivi sui gatti, comportando al contempo una rivoluzione nella comprensione del funzionamento del cervello umano, con potenzialità indescrivibili. Il fondo sostiene anche un avveniristico modello computerizzato tridimensionale della dentatura umana, utilizzato per prevedere i risultati degli iter correttivi, come ad esempio quello legato all’apparecchio per i denti. Queste alternative non sono particolarmente costose, anzi. Molte infatti sono più economiche dello sfruttamento degli animali. Inizialmente bisognerebbe affrontare dei costi legati all’implementazione delle nuove procedure ma, sulla lunga distanza, il risparmio giustificherebbe l’investimento fatto.

Preoccupazioni morali, etiche e scientifiche

Le obiezioni di tipo morale ed etico legate alla vivisezione continueranno a far infuriare molti. Se non siete interessati ai "diritti degli animali", il loro utilizzo nella sperimentazione probabilmente non vi darà alcun fastidio. Ma l’evidenza scientifica contro questa pratica dovrebbe allarmare chiunque si preoccupi della propria salute. Chi non è ancora convinto dovrebbe leggere con attenzione il brano del libro di Ray e Jean Greek nel quale vengono delineati i risultati di una ricerca condotta negli Stati Uniti nel 1998 dal Gruppo di Ricerca per la Salute Pubblica (Public Citizens’ Health Research Group – PCHRG). In quell’intervista, 19 dirigenti medici dell’FDA dichiararono che negli ultimi tre anni 27 farmaci non avrebbero dovuto essere approvati dall’Agenzia. "Il dott. Sydney Wolfe, direttore del PCHRG, affermò che le normali procedure erano state tralasciate perché erano state fatte pressioni sull’FDA da parte del Congresso affinché i prodotti venissero approvati più velocemente. Su 172 funzionari intervistati, otto dissero che negli ultimi tre anni vi erano stati 14 casi in cui era stato loro chiesto di non presentare il proprio giudizio all’assemblea consultiva se questo avesse ridotto la probabilità, per un medicinale, di ottenere l’approvazione." [25,26]

Così, contrariamente a quanto lascia intendere la propaganda sostenuta dall’establishment medico per giustificare il proprio lavoro, la sperimentazione animale non salva delle vite umane. Anzi, come dimostrano le prove in possesso proprio dell’industria, è esattamente l’opposto.

Nota dell’autrice

Questo articolo si basa sulle informazioni contenute in "Sacred Cows e Golden Gese: The Human Cost of Animal Experimentation [Vacche sacre e oche dalle uova d’oro: il costo umano della sperimentazione animale], di C. Ray Greek, MD, e Jean Swingle Greek (Continuum Publishing, London and new York, 2000, www.continuumbooks.com)

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Altre fonti

Americans for Medical Advancement [Americani per il Progresso Medico] (sito web di Ray e Jean Greek): www.curedisease.com (in inglese).

British Union for the Abolition of Vivisection [Unione Britannica per l’Abolizione della Vivisezione]: www.buav.org (in inglese).

Dr Hadwen Trust for Humane Research [Dr Hadwen Trust per la ricerca sull’uomo]: www.drhadwentrust.org.uk (in inglese).

Per ultriori informazioni sul programma di sperimentazione dei prodotti chimici nell’UE, vedi www.stopeuchemicaltests.com. (in tedesco, inglese e francese)

People for the Ethical Treatment of Animals (PETA): www.peta-online.org, per un elenco completo delle istituzioni no-profit che finanziano e non finanziano la ricerca sugli animali e per ulteriori informazioni sul programma di prove chimiche negli Stati Uniti.

Tratto dal sito: www.katrinafox.com

Versione originale: http://www.katrinafox.com/animalexp.htm

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