Il costo umano della sperimentazione animale
Evidenze scientifiche dimostrano che la sperimentazione
animale è decisamente inadeguata per valutare gli effetti
che un farmaco od un qualsiasi prodotto hanno sull’organismo
umano e ciò rappresenta un elevato fattore di rischio per la
salute e la sicurezza sia degli uomini che degli animali. Di
KATRINA FOX
Immagini di gatti con elettrodi fissati alla
testa o di scimmie con il cervello esposto, legate con cinghie alle
sedie, i loro occhi colmi di terrore e sofferenza, sono sufficienti
a sconvolgere momentaneamente persino la persona più
spietata. Ma la maggior parte di noi allontana queste immagini
dalla propria mente ed accetta la situazione in quanto ci viene
detto dal Governo e dall’establishment sanitario che questo
genere di esperimenti vengono condotti per il nostro stesso
benessere. Essi insistono che senza queste procedure non si
otterranno mai cure per malattie largamente diffuse e che coloro
che si oppongono alla sperimentazione animale altro non sono che
estremisti desiderosi di ritardare il "progresso".
Tuttavia, malgrado la presunta
severità dei test animali eseguiti sui farmaci giudicati poi
non pericolosi per il consumo umano e distribuiti quindi sul
mercato, due milioni di Americani si ammalano gravemente ogni anno
mentre circa 100.000 persone muoiono a causa degli effetti
collaterali dei medicinali che erano stati loro prescritti. [1]
Queste cifre superano il numero globale di decessi legati al
consumo di droghe illegali, comportando annualmente una spesa
pubblica sanitaria di più di 136 bilioni di dollari. [2] In
Inghilterra si stima che ogni anno sopravvengano 70.000 tra decessi
e casi di grave disabilità a causa di reazioni negative ai
farmaci prescritti, divenendo così la terza causa di morte
(dopo gli attacchi di cuore e i colpi apoplettici). [3]
La società farmaceutica
Ciba-Geigy ha stimato che attualmente solo il cinque per cento dei
prodotti chimici risultati, a seguito della sperimentazione
animale, innocui ed efficaci, vengono distribuiti sul mercato in
qualità di medicinali da vendersi dietro ricetta medica. [4]
Perfino in queste condizioni, tra il 1976 e il 1985 la "Food
and Drug Administration" (FDA) americana approvò 209
nuovi composti – 102 dei quali furono poi ritirati o
rinominati a causa del manifestarsi di gravi ed inaspettati effetti
collaterali tra i quali attacchi cardiaci, insufficienze renali,
deficienze epatiche e colpi apoplettici. [5]
Il movimento per i diritti degli
animali ha per anni esercitato pressioni contro la sperimentazione
animale sulla base di motivazioni morali ed etiche ma
l’evidenza scientifica a sfavore della vivisezione è
decisamente più schiacciante. I ricercatori che mettono in
gioco la loro carriera ammettendo pubblicamente che i modelli
animali sono inadeguati per valutare l’effetto farmacologico
sull’organismo umano vengono spinti o costretti al silenzio
da una realtà industriale del valore di bilioni di
dollari.
Due di questi ricercatori sono
il dott. Ray Greek, un anestesista americano, e sua moglie, Jean
Swingle Greek, una dermatologa veterinaria. Entrambi sono stati
vivisettori ed hanno quindi avuto modo di studiare su testi medici
e scientifici di difficile comprensione ed in gran parte non
disponibili al pubblico. Utilizzando i dati in possesso
dell’industria, nel loro nuovo libro, "Sacred Cows and
Golden Geese: The Human Cost of Animal Experimentation"
[Vacche sacre e oche dalle uova d’oro: il costo umano della
sperimentazione animale], hanno svelato quanto si sia tenuti
all’oscuro dei pericoli che corre la nostra salute a causa
della sperimentazione animale.
Perchè i modelli animali non sono predittivi
Sebbene, di base, ratti, cani,
maiali ed esseri umani siano fondamentalmente simili, a ben vedere
vi sono tra gli stessi delle differenze. Ma sono precisamente
queste differenze ad assumere un peso rilevante quando si tratta di
assimilare dei farmaci. I ratti, la specie più comunemente
usata nella vivisezione, ad esempio, non possiedono la cistifellea
ed eliminano la bile in maniera molto efficace. "Molti
medicinali vengono eliminati attraverso la bile, e questo va ad
interessare il tempo di assimilazione del farmaco", spiegano
Ray e Jean Greek. "I farmaci si legano al plasma dei ratti
molto meno efficacemente. I ratti inoltre respirano sempre con il
naso e, poiché alcune sostanze chimiche vengono assorbite
proprio a livello del naso, alcune di esse vengono filtrate. In
questo modo è diverso il mix di sostanze che penetra
nell’organismo dei ratti. Oltre a ciò, sono anche
animali notturni, la loro flora intestinale non ha la medesima
collocazione di quella umana ed anche la loro pelle presenta
differenti proprietà assorbenti. Ogni singola differenza tra
queste va a modificare la metabolizzazione del farmaco."
Queste sono tutte differenze
grossolane mentre i medicamenti agiscono ad un livello
microscopico, promuovendo od interrompendo reazioni chimiche troppo
piccole per essere osservate dall’occhio umano. "Siamo
diversi a livello cellulare e molecolare e, cosa davvero
importante, è proprio lì che si sviluppano le
malattie," spiegano gli autori. "Le cellule degli
scimpanzè sono molto simili a quelle umane, ma molto diversa
è l’organizzazione spaziale delle stesse."
Perfino i sostenitori del
modello animale ammettono, tra colleghi, la sua
imprevedibilità. Queste le parole del dott. Ralph Heywood,
direttore dell’Huntingdon Research Center (Centro Ricerche)
negli Stati Uniti: "Nella migliore delle ipotesi, la
probabilità che vi sia una correlazione tra gli effetti
collaterali riscontrati nell’uomo e negli animali si attesta
tra il cinque ed il 25 per cento." [6]
Il dott. Herbert Hensel,
direttore dell’Istituto di Fisiologia
dell’Università di Marburg, si spinge oltre:
"È opinione dei più noti biostatistici che non
sia possibile riferire all’uomo quanto invece previsto per
gli animali. Al momento quindi non vi è nessuna
possibilità di formulare ipotesi previsionali su base
scientifica. In quest’ottica, la situazione è ancora
meno favorevole che in un qualunque gioco d’azzardo."
[7]
Persino i libri di testo
più comunemente stimati in tema di vivisezione affermano:
"Affidarsi in maniera acritica ai risultati ottenuti dalla
sperimentazione animale può risultare pericolosamente
ingannevole e comportare il costo della salute e della vita di
decine di migliaia di esseri umani." [8]
L’esempio più noto
di quanto fin qui affermato è quello del Talidomide. Le
donne in stato interessante che assunsero questo medicinale per
contrastare le nausee mattutine diedero alla luce bambini affetti
da terribili deformità, soprattutto con gli arti
sottosviluppati. I test condotti sugli animali non avevano previsto
nulla di tutto ciò. Il primo caso riscontrato di effetto
collaterale risale al giorno di Natale del 1956 ma nel 1957 fu
comunque autorizzata la distribuzione del medicinale. [9]
Pericolo per il genere umano
Quanto segue è stato
tratto dal libro dei dottori Ray e Jean Greek. Sono esempi di
sostanze farmacologiche giudicate, in seguito ad una vasta
sperimentazione animale, non tossiche per l’uomo a seguito di
un’ampia sperimentazione animale ma che si sono poi rivelate
causa di seri effetti collaterali.
Amrinone: medicinale utilizzato
nei casi di insufficienza cardiaca congestizia, condusse il 20 %
dei pazienti a sviluppare la trombocitopenia (insufficienza di
cellule ematiche necessarie per la coagulazione) malgrado il
programma di sperimentazione animale di vasta portata condotto su
topi, ratti, criceti, cavie, cani e scimmie reso (macachi). Alcuni
tra questi pazienti trovarono la morte.
Pillola contraccettiva: nota per
essere causa della formazione, in alcune donne, di coaguli anche
mortali nel sangue, gli scienziati non sono ancora stati capaci di
riprodurre questa scoperta negli animali. Infatti i test condotti
sui cani indicavano che la pillola avrebbe abbassato la
probabilità che si formassero dei coaguli.
Cloramfenicolo: questo
antibiotico causò negli uomini una forma di anemia che
può risultare letale. Il Cloramfenicolo è
l’esempio di un farmaco i cui effetti variano sensibilmente
da una specie all’altra: è adatto per i cani ma letale
per i gatti, le mucche lo sopportano contrariamente ai cavalli.
È talmente tossico per i soggetti umani particolarmente
sensibili che per legge è stato proibito il suo utilizzo
sugli animali destinati all’alimentazione. La minuscola
quantità contenuta in un hamburger fatto con carne di bovino
precedentemente sottoposto a trattamenti con questo farmaco
potrebbe, una volta ingerita, causare la morte in tali soggetti a
rischio se non sottoposti a trapianto di midollo osseo.
Cliochinolo: questo
antidiarroico superò tutti i test effettuati su ratti,
gatti, cani e conigli. Fu ritirato dal mercato mondiale nel 1982
dopo che fu riconosciuto quale causa di cecità e paralisi
negli esseri umani.
Dietilstilbestrolo: questo
estrogeno di sintesi fu ideato per contrastare le minacce
d’aborto ma il suo effetto fu esattamente contrario in quanto
aumentava la percentuale di aborti spontanei, di parti prematuri e
di decessi neonatali. Non venne fatta alcuna sperimentazione
"umana" ma tutti i dati a favore derivavano dagli
animali.
Eraldin: questo farmaco per il
cuore fu ritirato nel 1975 dopo aver causato seri effetti
collaterali in un numero di vittime stimato attorno alle 7000, 23
delle quali morirono. Preventivamente era stato testato su topi,
ratti, cani e scimmie e, nel momento in cui fu commercializzato,
risultò "particolarmente degno di nota per
l’accuratezza con la quale la sua tossicità era stata
studiata negli animali, con piena soddisfazione della
autorità preposte". [10]. Anche molto tempo dopo il
ritiro del farmaco dal mercato gli scienziati non riuscirono a
riprodurre tali risultati negli animali.
Floxin: l’antibiotico
venne sviluppato attraverso la sperimentazioni animale solo per
causare poi negli esseri umani convulsioni e psicosi.
Isuprel: medicinale utilizzato
per il trattamento dell’asma, se somministrato secondo le
dosi consigliate in seguito agli studi sugli animali, risulta
altamente tossico per l’organismo umano. Nella sola Gran
Bretagna il suo utilizzo provocò la morte di 3500 malati
d’asma.
Manoplax: questo farmaco per il
cuore, testato su ratti, topi, conigli, gatti e cavie, fu poi
ritirato dal mercato mondiale nel 1933 dopo che gli studi condotti
sui pazienti avevano rilevato che chi assumeva il medicinale
presentava maggiori rischi di ospedalizzazione e/o morte.
Metisergide: utilizzato nel
trattamento della cefalea comporta gravi danni al cuore, ai reni ed
ai vasi sanguigni posti nell’addome. Tuttavia gli studiosi
non sono stati in grado di riprodurre questi effetti negli
animali.
Opren: utilizzato nel
trattamento dei reumatismi e delle artriti, causò la morte
di 61 persone ed oltre 3500 casi di reazioni non desiderate.
Ritirato dal mercato nel 1982, il farmaco era stato testato sulle
scimmie ed altri animali per nove anni senza presentare alcun
effetto collaterale.
Fenilpropanolamina (PPA): comunemente impiegata
nei farmaci sintomatici per l’influenza e anti-raffreddore,
negli Stati Uniti fu rimossa dalla categoria dei farmaci dalla FDA
dopo che fu reputata causa , in un anno, di 200-500 ictus
emorragici in giovani donne.
Primacor: questo medicinale,
somministrato in gravi casi di insufficienza cardiaca, ha ottimi
effetti nei ratti ma negli umani aumenta il rischio di decesso del
30%.
Ritodrine: questo farmaco,
prescritto per ritardare i parti prematuri, induce la formazione di
edemi polmonari (liquido nei polmoni con conseguenti
difficoltà respiratorie e possibile causa di morte).
Suprofen: antiartritico, fu
ritirato dal mercato dopo che i pazienti rivelarono sintomi di
avvelenamento epatico. Prima della sua distribuzione, i ricercatori
dissero queste parole in merito alla sperimentazione animale:
"… eccellente profilo per ciò che riguarda la
sicurezza. In nessuna delle specie testate dà effetti
collaterali a livello cardiaco, renale o del sistema nervoso
centrale." [11]
Tamoxifene: utilizzato nel
trattamento e nella prevenzione del tumore al seno causò
tumori al fegato nei ratti ma non nei topi o nei criceti. [12] Il
medicinale si dimostrò innocuo per lo sviluppo del feto nei
conigli e nelle scimmie mentre causava anomalie ossee nei feti dei
ratti. [13] Uno dei possibili effetti collaterali è il
manifestarsi di nausea e vomito ma non fu assolutamente previsto
mediante la sperimentazione animale, sebbene anche alti dosaggi
furono testati nei cani - la specie considerata più simile
all’uomo per quanto riguarda il vomito. [14] Il farmaco fu
altresì correlato alla formazione di tumori all’utero,
coaguli del sangue, perdita di memoria, amenorrea e danni alla
vista, come ad esempio la cataratta. [15 ]
Zomax: antiartritico, fu
responsabile della morte di 14 persone e causò sofferenze in
molti altri.
Discutibile precisione dei test di tossicità
Una delle ragioni per le quali
così tanti farmaci causano effetti collaterali
nell’uomo – reazioni assolutamente non previste per
mezzo della sperimentazione animale- è legata alla scarsa
precisione con cui vengono condotti i test di tossicità. Il
più noto tra questi test è il cosiddetto LD50 Draize
test ("LD50" sta per "Dose Letale 50 per
cento"), nel quale gli animali – per lo più cani
e ratti - vengono costretti a subire iniezioni, ad ingerire od
inalare il farmaco fino alla morte del 50 per cento della
popolazione sottoposta al trattamento. Tale dosaggio
"limite" viene designato come LD50.
L’inattendibilità della procedura risulta ovvia se
consideriamo l’enorme numero di variabili in gioco, come ad
esempio l’età, il peso od il sesso degli animali, per
non menzionare le condizioni ambientali alle quali la prova ha
avuto luogo. Se queste variabili rendono assolutamente non
significativi i risultati ottenuti perfino per la specie testata,
figuriamoci poi per gli esseri umani!
La procedura LD50 fu parte, a
livello mondiale, di quasi tutti le regolamentate linee guida per
la valutazione della non tossicità dei prodotti chimici fino
a 10 anni fa. Oggi negli Stati Uniti tale tipologia di prova viene
comunemente condotta poiché i risultati dell’LD50
continuano ad essere accettati, sebbene la FDA già da
parecchio tempo non richieda più che tali test vengano
necessariamente eseguiti accettando anche metodi alternativi in
vitro o comunque non basati sulla sperimentazione animale.
Nel novembre 2000,
l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico
(OECD), formata da 29 Nazioni, convenne
sull’opportunità di abolire il protocollo LD50 e di
rimuoverlo gradualmente a partire dal 2001.[16] Purtroppo i metodi
alternativi che prenderanno il suo posto non sono altro che una
mero perfezionamento dell’originale: continuano a prevedere
l’uso di animali e rimangono perciò indicatori
assolutamente inaffidabili per la salute umana.
Negli Stati Uniti,
l’Agenzia per la Tutela dell’Ambiente (EPA) sta
sviluppando un protocollo sperimentale per testare i prodotti
chimici, il Voluntary Children’s Health Chemical Testing
Program, che prevede un ampio utilizzo della sperimentazione
animale per determinare la quantità limite di prodotti
tossici alla quale i bambini possono essere esposti.
Ciò che non va bene per gli animali
può invece essere adatto all'uomo
Così come i test sugli
animali permettono la distribuzione di farmaci pericolosi sul
mercato, il retro della medaglia è che la salute umana viene
a perderci anche quando viene proibita la diffusione di medicinali
che potrebbero essere vantaggiosi per gli esseri umani. La maggior
parte dei farmaci presentano sì degli effetti collaterali,
alcuni più pericolosi di altri, ma molti medicinali davvero
utili per salvare delle vite umane non avrebbero mai raggiunto lo
stadio della sperimentazione clinica se fossero prima stati testati
sugli animali.
Pensiamo solo di dare
un’occhiata al nostro armadietto dei medicinali. Oggi come
oggi, ogni anno negli Stati Uniti vengono venduti circa 29 bilioni
di aspirine ed il loro numero raddoppia se consideriamo le vendite
a livello mondiale, nonostante l’aspirina causi difetti
neonatali nei topi e nei ratti e comporti nei gatti tali variazioni
nella composizione del sangue che a tali animali può venir
somministrato ogni tre giorni soltanto il 20 per cento del dosaggio
consigliato per gli esseri umani. [20] Un altro antidolorifico,
l’ibuprofene, causa insufficienza epatica nei cani perfino a
bassi dosaggi.
Anche altri medicinali,
attualmente prescritti dietro ricetta medica, erano inizialmente
stati resi indisponibili alla gente perché la
sperimentazione animale aveva previsto degli effetti collaterali
che poi non si sono riscontrati sugli esseri umani. Tali farmaci
comprendono:
Corticosteroidi: provocano il
cancro in alcune specie di roditori malgrado siano utilizzati da
anni e con successo negli esseri umani.
Depo-Provera: nel 1973 negli
Stati Uniti fu proibita la distribuzione di questo contraccettivo
poiché risultò cancerogeno sia nei cani che nei
babbuini.
FK506: questo farmaco
anti-rigetto fu quasi accantonato prima di procedere con la
sperimentazione clinica. Infatti, dopo averlo sperimentato sui
cani, i ricercatori avevano riscontrato effetti collaterali di una
tale tossicità da dissuadere il prosieguo con la
sperimentazione clinica.
Furosemide: diuretico, provocava
patologie epatiche nei topi, nei ratti e nei criceti ma non negli
esseri umani. Oggi è diffusamente prescritto nel trattamento
dell’ipertensione e dell’insufficienza cardiaca.
Isoniazide: farmaco
antitubercolare di uso comune, provoca il cancro negli animali.
Penicillina: la distribuzione
della penicillina fu rinviata quando il suo scopritore, Alexander
Fleming, la accantonò perché non efficace nei
conigli. Questo avveniva perché i conigli espellono la
penicillina attraverso l’urina. Soltanto nel momento in cui
Fleming si ritrovò con un paziente malato e
nessun’altra cura, gli somministrò la penicillina
– con eccellenti risultati!
Prilosec: la vendita di questo
medicinale per le patologie gastrointestinali fu rimandata di 12
anni a causa di effetti collaterali manifestatisi negli animali ma
non negli esseri umani.
Streptomicina: questo
antibiotico molto popolare causava difetti neonatali, come ad
esempio deformazioni agli arti, nella prole dei ratti.
La guerra al cancro
Secondo l’opinione dei
dott. Ray e Jean Swingle Greek, verrà diagnosticato un
tumore, nel corso della vita, al 40 per cento della popolazione
mondiale. È una di quelle malattie con la quale la maggior
parte di noi sono venuti in contatto, vuoi personalmente o
attraverso amici o familiari. Ma, nonostante vengano versati
bilioni di dollari per sostenere la "ricerca contro il
cancro", il sistema sanitario non sta affatto vincendo la sua
guerra contro i tumori. Il numero di decessi ad esso correlati
è in continuo aumento: negli Stati Uniti, per fare un
esempio, sono saliti del 6,3 per cento dal 1973 al 1992.
I coniugi Greek rivelano, nel
loro libro, che a dispetto delle migliaia di farmaci fatti
ingerire, spalmati od iniettati in centinaia di milioni di animali,
non sono stati fatti passi avanti nello salvare delle vite. Essi
asseriscono che "in molti casi [la sperimentazione animale]
ha, a dire il vero, portato alla perdita di ulteriori vite ed
all’introduzione di nuovi pericoli".
Ci sono più di 200
diverse forme di tumore negli esseri umani. Alcune di esse hanno il
corrispettivo negli animali, sebbene queste si diversifichino molto
da quelle umane in termini di causa, effetto, trattamento e
prognosi. Un istiocitoma conduce alla morte negli uomini mentre
è benigno nei cani ed allo stesso modo tutti i tumori
presentano conseguenze legate alla specie.
Gli autori spiegano come,
ironicamente, negli anni ’50 gli agenti cancerogeni
conosciuti erano solo quelli scoperti attraverso studi
epidemiologici sull’uomo. "Uno studio condotto sui
lavoratori impiegati nel settore delle tinture evidenziò
un’incidenza particolarmente elevata di tumori alla
vescica", scrivono ancora gli autori, "ma anche
sottoponendo un altissimo numero di animali da laboratorio alle
condizioni presenti nell’ambiente della tinteggiatura non vi
fu modo di provare la correlazione". Si scoprì che il
cromo è cancerogeno per l’uomo ma non per gli animali.
Anche il legame tra radiazioni e tumori emerse da studi clinici
più o meno nello stesso periodo. Nel 1956 i medici
britannici misero in guardia dagli effetti cancerogeni dei raggi X
a cui venivano sottoposte le donne durante la gravidanza e che poi
si riflettevano nell’insorgenza di tumori infantili. Tuttavia
l’irraggiamento di un elevato numero di quadrupedi gravidi
non produsse necessariamente lo stesso effetto.
"In questi casi,
così come in molti altri, l’incapacità di
valutare la cancerogenicità in base alla sperimentazione
animale ha portato a mantenere perfettamente legali, per lungo
tempo, numerosi agenti cancerogeni."
L’amianto è un
altro di questi esempi. Il legame tra tumori e amianto divenne noto
già nel 1970 ma, in seguito all’incapacità
degli scienziati di riprodurre l’insorgenza della malattia
negli animali, ci vollero altri 30 anni prima che la prova
derivante dal modello umano divenisse irrefutabile.
Ray e Jean Greek fanno notare
che, tra il 1970 ed il 1985, i ricercatori sottoposero dai 300 ai
400 milioni di animali a più di mezzo milione di composti
per cercare in questi degli effetti antitumorali. Sulla base di
tale sperimentazione animale, soltanto per 80 di questi composti si
proseguì con la sperimentazione clinica. Di questi, appena
24 mostrano di possedere un’azione antitumorale negli esseri
umani e, tra questi, 12 assunsero un ruolo fondamentale in
chemioterapia. Ma tutti questi 12 composti altro non erano che
varianti chimiche di agenti chemio-terapici già
precedentemente noti. Il fatto che questi prodotti chimici
potessero essere usati nella lotta contro il cancro era già
stato previsto in base alla loro struttura chimica. [21] In altre
parole, per 15 anni bilioni di dollari di investimenti monetari
sono stati buttati per sottoporre milioni di animali, prima di
essere uccisi, alle procedure più dolorose, barbare e
crudeli e tutto questo per non riuscire a dimostrare un bel
niente!
Perfino l’Istituto
Nazionale Statunitense contro il Cancro (US National Cancer
Institute – NCI) ha ammesso i suoi fallimenti. Nel Los
Angeles Times del 6 maggio 1998, furono riporatte le seguenti
parole del dott. Richard Klausner, direttore dell’NCI:
"La storia della ricerca contro il cancro non è altro
che la storia della cura del cancro nei topi. Per decenni abbiamo
curato topi malati di tumore ma le medesime cure semplicemente non
hanno alcun effetto sugli uomini."
Nel corso degli anni ‘90
negli Stati Uniti gli scienziati saltarono fuori con l’idea
di utilizzare ratti modificati geneticamente per accogliere i
tumori tipici dell’uomo. Ma nel 63 per cento dei casi, in
base a quanto scrivono i Greek, i tumori umani provocati nei ratti
non rispondevano alla chemioterapia già comunemente
utilizzata con successo sugli esseri umani, poiché il
decorso e lo sviluppo della malattia differiva di molto tra uomini
e animali. Nasce allora spontanea la domanda: quanti medicinali con
una reale ed efficace azione anticancro per gli esseri umani sono
stati trascurati in quanto di nessuna utilità sui topi o sui
ratti? Stando ai Greek, gli agenti chemioterapici impiegati con
successo sugli esseri umani derivano tutti da mezzi di ricerca che
non fanno uso di animali.
La prossima volta che uno di noi
sarà tentato di mettere dei soldi in una scatoletta agitata
sotto il nostro naso da un’istituzione benefica per la
ricerca contro il cancro che utilizza i fondi ricevuti per la
ricerca basata sulla sperimentazione animale, faremmo bene a
ricordare le parole del dott. Irwin Bross, precedentemente facente
parte del Roswell Park Memorial Instiute fo Cancer Research, che
così testimoniava davanti al Congresso degli Stati Uniti nel
1981: "Mentre i risultati contraddittori ottenuti dalla
sperimentazione animale hanno spesso ritardato ed ostacolato i
progressi nella lotta contro il cancro, al contempo essi non hanno
mai portato alcun sostanziale passo avanti né nella
prevenzione né nel trattamento dei tumori umani."
Perchè la ricerca basata sulla sperimentazione animale
continua nonostante l’evidenza
Se perfino i sostenitori della
lobby vivisezionistica ammettono che gli studi condotti sugli
animali mancano di accuratezza e che forniscono pochi dati
attendibili se riferiti all’uomo, perché mai si
continuano ad impiegare queste metodologie?
"Ci sono, infatti"
congetturava il dott. Werner Hartinger, un chirurgo tedesco, nel
1989 "solo due categorie di medici e scienziati che non si
oppongono alla vivisezione: quelli che non ne sanno abbastanza e
quelli che ne traggono guadagno."
È quest’ultima,
secondo Ray e Jean Greek, la ragione principale: "Gli
scienziati sono come tutti gli altri, materialisti ed opportunisti.
Anche loro lottano per sopravvivere e primeggiare in un mondo
altamente competitivo."
Il dott. Irwin Bross è
concorde. Nel 1986 furono citate ne "la ricerca contro il
cancro sugli animali" (Cancer Research on Animals) queste sue
parole: "[Gli scienziati] possono sostenere a gran voce che
amano la verità, ma quando si tratta di scegliere tra la
verità ed il denaro, amano molto di più i
soldi." Per ottenere sovvenzioni per la ricerca e mantenere
il tuo impiego, devi sfornare pubblicazioni con la massima
regolarità. E il metodo più veloce e più
semplice per venir pubblicati è la sperimentazione
animale.
"La sperimentazione
animale è ordinata", spiegano i Greek. " il
bello dei ratti è che puoi andare a casa venerdì sera
e riposare certo di trovarli nelle loro gabbie lunedì
mattina. D’altra parte , la ricerca clinica sugli umani
può risultare complicata. I clinici non hanno alcun
controllo sui pazienti che possono anche decidere di non tornare
agli appuntamenti successivi. Gli umani possono anche mentire in
merito alle loro abitudini di vita. Inoltre, puoi indurre delle
scimmie a farsi di cocaina od eroina nel tuo laboratorio
piacevolmente pulito. Se vuoi studiare gli effetti di tali droghe
sull’uomo, potresti avere a che fare con delle persone
potenzialmente sgradevoli."
Anche il tempo è un
fattore essenziale. "Una generazione, per un ratto, si
sviluppa in una settimana, non in decenni. Nel tempo che un clinico
impiega a pubblicare un buon articolo, un vivisettore ne può
pubblicare almeno cinque. Il metodo più facile per
pubblicare consiste nel prendere un articolo già esistente e
apportargli delle modifiche: la specie animale utilizzata, il
dosaggio del farmaco, la metodologia di valutazione dei risultati
od altro ancora." È il numero e non la qualità
a rivestire particolare importanza per quanti desiderano far
carriera in ambito scientifico.
Accettare la situazione e non
cercare di smuovere le acque è a sua volta un fattore
chiave. La pressione imposta a studenti e giovani laureati
affinché abbiano pubblicazioni al loro attivo non dovrebbe
essere sottovalutata. Tutto ciò ha condotto ad una
proliferazione di pubblicazioni di carattere scientifico, spesso a
cura di ricercatori vivisezionisti. Questo significa
inevitabilmente che i vivisettori sono in grado di mettere in luce
il loro lavoro mentre chi si schiera contro la sperimentazione
animale non trova spazi in cui esternare le proprie opinioni,
nonostante sia stata stimata, al giorno d’oggi,
l’esistenza di 100.000 testate scientifiche in
attività. Molti di questi giornali dipendono dalle entrate
monetarie legate alla pubblicità di aziende farmaceutiche e
di altre industrie di questo tipo, i cui prodotti vanno ad
incrementare la sperimentazione animale.
I tradizionali mezzi di
comunicazione di massa sono compatti nel voler mantenere il lavoro
degli anti-vivisezionisti lontano dall’opinione pubblica.
Nessun giornalista delle maggiori testate nazionali prese parte
alla conferenza stampa per la presentazione del nuovo libro die
coniugi Greek In Gran Bretagna, sebbene la scrittrice di romanzi
Jilly Cooper fosse lì per promuoverlo. Reporter ed editori
hanno presto capito che se desiderano rimanere aggrappati al loro
lavoro e mantenere un flusso continuo di notizie sensazionali
devono accontentare i loro contatti. La maggior parte di queste
fonti scientifiche fa parte della lobby legata alla sperimentazione
animale, la quale non vedrebbe troppo di buon occhio la prospettiva
che la propria industria fosse tacciata di far soldi in modo
fraudolento.
Tra parentesi, i soldi di cui si
parla sono i vostri. Il governo degli Stati Uniti spende ogni anno
per la ricerca sugli animali circa 10 bilioni di dollari dei
contribuenti, stando a quanto dicono i Greek. Negli Stati Uniti il
maggior fornitore di fondi per le istituzioni che si occupano di
ricerca medica è l’Istituto Sanitario Nazionale
(National Institutes of Health – NIH). Ma solamente un terzo
delle ricerche sovvenzionate legate al NIH includono soggetti
umani. [22]. Non è difficile capire perché gli studi
condotti sugli animali sono la scelta preferita per ricercatori
ambiziosi e con ipoteche da saldare!
Come se non bastasse, bisogna
anche lottare con il dominio delle grandi imprese.
L’industria che gravita attorno alla sperimentazione animale
presenta un incasso lordo, a livello mondiale, stimato tra i 100
bilioni ed un trilione di dollari l’anno. Queste cifre
comprendono anche l’impiego di centinaia di migliaia di
persone, compresi quelli che producono e vendono giacche per
immobilizzare gli animali, pompe per alimentarli forzatamente,
aghi, gabbie, bisturi e l’attrezzatura necessaria ad uccidere
gli animali in ben determinate maniere, senza poi menzionare la
vendita degli animali stessi. Prendiamo come esempio i Cedar River
Laboratories, specializzatesi nella vendita di gatti al prezzo di
225 dollari per animali con meno di 16 settimane di vita.
Anche le ditte farmaceutiche
traggono vantaggio dall’industria. Secondo quanto riportato
sul prospetto relativo al 1999, le vendite della Merck [N.d.T.:
multinazionale farmaceutica] in quell’anno raggiunsero i
32.714 milioni di dollari. La sperimentazione animale è la
strada più veloce per riuscire a piazzare un nuovo
medicinale sul mercato. I ricercatori che ricevono sovvenzioni
dalle compagnie farmaceutiche sono ben più propensi di
prendere pubblicamente posizione a favore di un farmaco di quelli
che non ricevono alcun sostegno finanziario. Il Giornale
dell’Associazione Medica americana (Journal of the American
Medical Association) riferisce che il 43 per cento di più di
2000 ricercatori intervistati nelle 50 università al top
nella ricerca ammettono di aver ricevuto regali, anche in denaro,
persino quando il donatore richiedeva un’approvazione
preventiva dei risultati della ricerca in corso. [23]
Perfino le istituzioni benefiche
non si svincolano dalla spirale del profitto. Molte di loro –
e tra queste l’American Institute for Cancer Research,
l’American Diabetes Association, l’American Heart
Association e l’Imperial Cancer Research Fund e la British
Heart Foundation (BHF) nel Regno Unito – sovvenzionano o
conducono ricerche sugli animali. Su un totale delle entrate pari a
56 milioni di sterline nel 1998, la BHF spende 34,9 milioni di
sterline nella ricerca e soltanto 5,1 milioni di sterline in
programmi educativi. In una di queste prove, ai cani veniva aperto
il petto ed il sangue fatto circolare prima all’esterno del
corpo e poi nuovamente all’interno allo scopo di far variare
velocemente la pressione sanguigna nei vasi del collo. Gli
sperimentatori giunsero alla conclusione che se una persona chinata
si alza di scatto potrebbe essere colta da capogiri e svenimento!
[24]
Al contempo la sperimentazione
animale rappresenta per le aziende farmaceutiche un’arma con
la quale proteggersi nel caso in cui pazienti danneggiati dai loro
prodotti dovessero far loro causa. In Europa la legislazione
prevede che tutti i farmaci, prima di giungere allo stadio
produttivo finale, debbano essere testati sugli animali sia per
quanto riguarda la cancerogenicità che per la
possibilità di indurre malformazioni fetali. Ma, come ci
spiega Wendy Higgins, responsabile delle campagne dell’Unione
Britannica per l’Abolizione della Vivisezione, tale pratica
non è obbligatoria negli stadi intermedi di sviluppo di un
farmaco, proprio nei quali viene però impiegato il maggior
numero di animali.
Analoga è la situazione
negli Stati Uniti. Secondo il dott. Ray Greek:: "La maggior
parte delle ditte farmaceutiche conducono molte più prove
sugli animali di quelle richieste per legge in modo da poter
dichiarare in tribunale che effetti simili a quelli che hanno
causato la morte della moglie del querelante non erano mai stati
riscontrati. In via del tutto ufficiosa vi diranno che fanno
affidamento sulla sperimentazione animale in quanto è un
fattore di grande rilevanza per proteggersi da eventuali azioni
legali." In altre occasioni le compagnie possono, con un
voltafaccia, respingere la sperimentazione animale in quanto non
indicativa per gli esseri umani. In entrambi i casi è
estremamente difficile per le vittime riuscire a condurre
un’azione legale contro queste ditte.
Alternative alla sperimentazione animale
I veri progressi derivano sempre
da ricerche basate su modelli umani, sostengono Ray e Jean Greek.
Ad esempio la morfina, potente antidolorifico, viene estratta dai
papaveri. Il chinino, utilizzato nella cura della malaria, deriva
dalla corteccia di china. L’aspirina, il medicinale
più diffuso al mondo, fu prescritto per la prima volta
già da Ippocrate sotto forma di corteccia di salice. Nessuno
di questi farmaci deve nulla alla sperimentazione animale.
Studi clinici sui pazienti e le
buone vecchie osservazioni, ora non più di moda, hanno
condotto, con successo, al trattamento della leucemia infantile e
dei disturbi della tiroide. Sono state così
sviluppate anche le attuali terapie per l’HIV e l’AIDS,
oltre ad un certo numero di farmaci per il cuore.
Gli studi in vitro od in
provetta hanno rivoluzionato la ricerca medica. La tecnologia che
consente di conservare le cellule ed i tessuti ha fatto così
tanti passi avanti che molte tipologie diverse di cellule possono
essere mantenute in vita quasi indefinitamente, dando risultati
molto più precisi, in quanto lo studio delle diverse
patologie viene condotto allo stesso livello microscopico al quale
le medesime hanno luogo.
Altri campi di ricerca
fondamentali sono quelli concernenti le autopsie e
l’epidemiologia, nelle quali la moderna tecnologia permette
di monitorare migliaia di pazienti in diverse istituzioni. Ray e
Jean Greek rilevano che sono stati gli studi epidemiologici a
permettere la scoperta del legame esistente tra carenza di acido
folico e spina bifida. Gli studi epidemiologici hanno anche messo
in luce i rapporto di causa/effetto tra fumo e tumore, tumore e
dieta, disfunzionalità cardiache e colesterolo, polvere di
carbone e patologia del polmone nero o antracosi, fumo e problemi
cardiaci, oltre a molte altre patologie. È stata sempre
l’epidemiologia a provare il legame tra fumo e patologie
polmonari nonostante le industria del tabacco sostenessero per
anni, in base ai risultati forniti dai modelli animali, che non vi
era alcun rapporto tra i due. Gli sperimentatori hanno tentato
invano per più di mezzo secolo di provocare per mezzo del
fumo del tabacco il cancro negli animali. Da ciò ne
conseguiva il ragionamento che fino a che gli animali non erano
affetti da tumore a causa del tabacco non vi erano prove che esso
causasse il cancro. Negli anni ’50 e ’60, le
multinazionali del tabacco arrivarono persino a pagare dei medici
affinché pubblicizzassero le sigarette!
Per quanto riguarda il tumore al
seno, molto si è beneficiato del modello matematico che
consente di simulare al computer alcune parti del corpo umano.
Quest’ambito di ricerca è relativamente nuovo, nel
senso di ricerca assistita dal calcolatore, in quanto le molecole
possono essere studiate sullo schermo utilizzando la
modellizzazione grafica che simula la struttura corporea.
Il Dr Hadwen Trust è un
fondo, con sede nel Regno Unito, istituito per proporre tecniche
alternative per la ricerca. Esso sostiene lo sviluppo di una nuova
tecnica di analisi del cervello per studiare le capacità
visive, che andrebbe a sostituire la necessità di ricorrere
ad esperimenti invasivi sui gatti, comportando al contempo una
rivoluzione nella comprensione del funzionamento del cervello
umano, con potenzialità indescrivibili. Il fondo sostiene
anche un avveniristico modello computerizzato tridimensionale della
dentatura umana, utilizzato per prevedere i risultati degli iter
correttivi, come ad esempio quello legato all’apparecchio per
i denti. Queste alternative non sono particolarmente costose, anzi.
Molte infatti sono più economiche dello sfruttamento degli
animali. Inizialmente bisognerebbe affrontare dei costi legati
all’implementazione delle nuove procedure ma, sulla lunga
distanza, il risparmio giustificherebbe l’investimento
fatto.
Preoccupazioni morali, etiche e scientifiche
Le obiezioni di tipo morale ed
etico legate alla vivisezione continueranno a far infuriare molti.
Se non siete interessati ai "diritti degli animali", il
loro utilizzo nella sperimentazione probabilmente non vi
darà alcun fastidio. Ma l’evidenza scientifica contro
questa pratica dovrebbe allarmare chiunque si preoccupi della
propria salute. Chi non è ancora convinto dovrebbe leggere
con attenzione il brano del libro di Ray e Jean Greek nel quale
vengono delineati i risultati di una ricerca condotta negli Stati
Uniti nel 1998 dal Gruppo di Ricerca per la Salute Pubblica (Public
Citizens’ Health Research Group – PCHRG). In
quell’intervista, 19 dirigenti medici dell’FDA
dichiararono che negli ultimi tre anni 27 farmaci non avrebbero
dovuto essere approvati dall’Agenzia. "Il dott. Sydney
Wolfe, direttore del PCHRG, affermò che le normali procedure
erano state tralasciate perché erano state fatte pressioni
sull’FDA da parte del Congresso affinché i prodotti
venissero approvati più velocemente. Su 172 funzionari
intervistati, otto dissero che negli ultimi tre anni vi erano stati
14 casi in cui era stato loro chiesto di non presentare il proprio
giudizio all’assemblea consultiva se questo avesse ridotto la
probabilità, per un medicinale, di ottenere
l’approvazione." [25,26]
Così, contrariamente a
quanto lascia intendere la propaganda sostenuta
dall’establishment medico per giustificare il proprio lavoro,
la sperimentazione animale non salva delle vite umane. Anzi, come
dimostrano le prove in possesso proprio
dell’industria, è esattamente l’opposto.
Nota dell’autrice
Questo articolo si basa sulle
informazioni contenute in "Sacred Cows e Golden Gese: The
Human Cost of Animal Experimentation [Vacche sacre e oche dalle
uova d’oro: il costo umano della sperimentazione animale], di
C. Ray Greek, MD, e Jean Swingle Greek (Continuum Publishing,
London and new York, 2000,
www.continuumbooks.com)
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(in inglese).
Per ultriori informazioni sul programma di sperimentazione dei prodotti
chimici nell’UE, vedi www.stopeuchemicaltests.com.
(in tedesco, inglese e francese)
People for the Ethical Treatment of Animals (PETA):
www.peta-online.org,
per un elenco completo delle istituzioni no-profit che finanziano e
non finanziano la ricerca sugli animali e per ulteriori
informazioni sul programma di prove chimiche negli Stati Uniti.
Tratto dal sito: www.katrinafox.com
Versione originale: http://www.katrinafox.com/animalexp.htm
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